Il viale della chiesa
Il viale della chiesa fu la prima e più necessaria opera da portare a compimento per facilitare i parrocchiani, specialmente quando faceva brutto tempo, perché potessero agevolmente raggiungere e frequentare la loro Chiesa.
Il nuovo parroco, con la sua dinamicità e la sua formidabile opera di persuasione, riuscì a organizzare tante brave persone che con svariati mezzi di trasporto, come camion o carri trainati da cavalli, fecero confluire sul luogo grandi quantità di ghiaia dal fiume Brenta, sabbia e quanto altro occorreva per realizzare un viale degno della chiesa.
A poco a poco il viale divenne sempre più bello e solenne, così come possiamo ammirarlo adesso dopo 50 anni. Il merito va al sacrificio di tanta povera e brava gente, che in quei primissimi anni offriva gratuitamente il suo aiuto perché la grande opera fosse presto realizzata.
Le campane
La nuova chiesa aveva avuto in dotazione dal vescovo due campanelle, troppo piccole perché la loro voce potesse essere udita in una parrocchia di così grandi proporzioni.
Don Egidio, sempre di larghe vedute, fece costruire un grande impianto con 6 grossi altoparlanti, situati lungo il perimetro esterno della cupola della chiesa e comandati dalla sacrestia.
Presto le nuove “campane” cominciarono a diffondere concerti delle più celebri campane d’Italia; il loro suono melodioso arrivava fino ai paesi vicini.
Questo impianto in quegli anni fu il primo del genere e riuscì a destare grande gioia in tutti i parrocchiani. In questo modo essi si sentivano sempre più invitati, ma anche coinvolti a frequentare la propria chiesa, soprattutto in certe solennità.
In particolar modo, nei giorni di festa dedicati alla Madonna, oltre alle campane si suonavano inni sacri popolari, che avevano un richiamo e un fascino al quale pochi sapevano resistere.
Così, ben presto, la chiesa pur grande divenne sempre piena. Né adulti né piccoli pensavano più ad andare in altre parrocchie, sentendo il grande entusiasmo animava tutti nel portare avanti le iniziative sorte per fare della parrocchia una grande famiglia.
L’altare maggiore
Ideato dall’architetto ingegnere Brunetta, l’altare maggiore fu una delle prime grandi opere la cui mancanza era molto sentita.
La sua costruzione si faceva tanto desiderata, per abbellire lo spoglio e grande presbiterio.
Don Egidio voleva che tutte le celebrazioni liturgiche si svolgessero con grande dignità. Nonostante i moltissimi impegni finanziari, con l’aiuto della Provvidenza e grazie all’interessamento di tutta la parrocchia, l’altare fu portato a compimento a tempo di record. Nel maggio del 1942 poté essere inaugurato e benedetto dal vescovo.
Ricordo che quel pomeriggio cadeva una fitta pioggia, ma la chiesa si era riempita lo stesso. Il presule celebrò i Vespri pontificali, tenendo un paterno e commosso discorso di plauso per il parroco e la comunità intera, che in così breve tempo avevano realizzato un’opera grandiosa. Ci incitò con fervore a continuare il cammino così coraggiosamente intrapreso.
Il Brunetta dotò di 14 scalini di legno dorato l’altare, che si ergeva monumentale e solenne sul grandioso presbiterio lastricato di marmi preziosi. Il Vescovo stesso ebbe a definirlo “degno di una cattedrale”.
Una massiccia balaustra per la Comunione, composta di marmi e cristalli pregiati, coronava magnificamente tutto l’insieme, dando l’impressione di trovarsi in una grande basilica.
Mi tornava In mente il piccolo e modesto altare in legno, che per trono aveva due mattoni coperti da un drappo bianco, e mentre allora mi si era stretto il cuore per tanta povertà, adesso mi sentivo rapito dalla gioia.
L’altare si presentava ornato di fiori bianchi e coperto da una tovaglia bellissima, dono delle donne di Azione Cattolica; al centro risaltava il prezioso e aureo tabernacolo.
Ci fu poi una vera e propria gara per tenere l’altare pulito. La Confraternita del Santissimo si assunse il compito di non far mai spegnere le 4 lampade che ardevano giorno e notte.
A queI tempi i lumi di quel genere funzionavano ad olio d’oliva e questo creò non poche difficoltà, che però il priore, Giuseppe Donà, riuscì a superare con una diligenza degna di un uomo di grande fede che sapeva trasmettere anche agli altri.
Al sabato ci si organizzava e si andava per i giardini della parrocchia a raccogliere i fiori, sicché ogni domenica sembrava una solennità.
Altre novità
In breve tempo la chiesa, che mancava di tutto, venne arricchita delle porte laterali in legno e della bussola della porta centrale, dono di una parrocchiana.
Furono allestiti altri due confessionali, uguali a quello che aveva donato il vescovo assieme al battistero, quando aveva consegnato la chiesa. Comparve anche un piccolo altare con l’immagine della Madonna col Bambino in gesso bianco.
Il pavimento
Don Egidio fece rivestire e pavimentare in marmo tutta la base della chiesa. Commissionò ad un celebre scultore le nuove statue della Madonna e di Sant’Antonio, offerte dalla signora Peghin e dal signor Roverato, il quale fece in seguito dono anche del grande affresco di San Carlo che si trova dietro l’altare maggiore, opera del professor Licini.
Le due statue furono commissionate ad una celebre ditta della Val Gardena. Appena pronte, furono imballate in due grandi cassoni, ma non poterono essere accolte subito in parrocchia, perché non vi erano ancora gli altari e per la paura dei bombardamenti.
Così monsignor Schievano, arciprete della cattedrale di Padova e grande amico di don Egidio, le accolse provvisoriamente in duomo, deponendole dietro l’altare di Sant’Antonio, finché non fossero pronti anche gli altari che dovevano ospitarle.
Anche al duomo le statue corsero un serio pericolo, perché durante un bombardamento notturno sulla città l’edificio fu seriamente danneggiato dalle bombe, che distrussero quasi tutta la facciata e parte dell’interno. Le nostre statue furono salvate da tanta rovina solo per miracolo.